Chi ha avuto modo di leggere ed approfondire gli articoli pubblicati fino a questo momento sul mio Blog, si sarà reso conto che essi sono stati scritti con un unico scopo: gettare le basi teoriche e pratiche per la creazione di un metodo artistico-marziale adatto ai nostri tempi, in grado cioè di coniugare definitivamente l’efficacia nel combattimento con l’elevazione interiore.
A tal fine, tutti gli argomenti sono stati trattati nella maniera più oggettiva possibile. Nulla del sottoscritto si è riversato negli scritti, siano essi particolari punti di vista o esperienze personali, direttamente o indirettamente correlati al contenuto degli articoli.
Tutto questo è stato volontariamente escluso per tutelare il praticante dalla possibilità di considerare giuste le mie parole non per comprensione concettuale, ma per sentimento di autorità nei confronti della mia persona e del mio passato sportivo.
Questo è quello che voglio assolutamente evitare perché è ciò che più allontana dalla ricerca di una didattica autentica.
È invece fondamentale l’esatto contrario.
Un metodo, per essere considerato valido, deve potersi basare su sé stesso ed essere liberamente fruibile da chiunque, senza la necessità di un'intercessione del suo creatore per la piena comprensione dei suoi contenuti.
L’indipendenza dal suo ideatore, con le sue personali esperienze di vita e la comprensione per forza autonoma del praticante, attraverso la sua naturale forza di pensiero, sono il perno su cui deve poggiare l’intero metodo per definirsi oggettivo e, dunque, valido.
In definitiva, non voglio mettere me stesso nella didattica, voglio solo metterla in luce, nella sua oggettività.
Ho dovuto cominciare con queste considerazioni perché credo siano fondamentali per spiegare la natura di questo articolo che, senza dubbio, segna una novità e forse lascerà inizialmente un po’ perplessi. Ho deciso, infatti, di aggiungere, oltre agli scritti puramente didattici fino a qui esposti, una serie di articoli alternativi in cui poter esprimere la mia idea sul mondo delle arti marziali e la sua connessione con gli elementi della vita quotidiana.
Saranno dunque due i temi trattati dal Blog d'ora in poi:
Quelli didattici, che ho scritto fino ad ora e che continueranno a comporre la spiegazione del metodo
Quelli opinionistici, se così vogliamo chiamarli, che avranno invece lo scopo di approfondire e mettere in luce la correlazione fra i vari temi dell’attualità e la pratica marziale
Mi sento spinto a questa scelta per diversi motivi: sono molto invogliato ad esporre i miei studi sul Jiu Jitsu ma ho capito che essi, per essere assimilati correttamente, richiedono tempo. Parecchio tempo. Devono poter maturare nel praticante con calma, senza fretta, altrimenti rischiano di essere addirittura dannosi per la sua evoluzione artistica perché possibili generatori di confusione quando non scanditi da corrette tempistiche nell’apprendimento. Questo lasso di tempo necessario alla coltivazione dei contenuti didattici, unito alla particolarità del momento storico che stiamo vivendo, mi ha spinto alla scelta di allargare i confini della discussione, pur rimanendo, per quanto possibile, all’interno di un’ottica marziale.
Questo è il primo articolo di questo genere e non potevo che cominciare con quello che coscientemente o incoscientemente è sentito da tutti come un momento di transizione epocale: il palesarsi all’orizzonte, per la prima volta nella storia, di un’ipotetica intelligenza non umana, ovvero l’arrivo su larga scala di quella che gli esperti chiamano intelligenza artificiale, o AI.
Analizzando le reazioni della massa, ci accorgiamo che il timore più diffuso per l’arrivo dell’AI riguarda prevalentemente l’impatto che essa avrà sulla sfera economica. Il timore di essere soppiantati lavorativamente, perdendo il proprio ruolo sociale, non fa chiudere occhio ai più, mentre solo una minoranza sente il peso di una minaccia diversa, una minaccia più profonda. Famoso, ormai, l’episodio che coinvolge il maestro d’animazione giapponese Hayaho Miyazaki che, a seguito di una discussione sull’utilizzo degli algoritmi nella produzione animata con un suo assistente, stronca senza mezzi termini la questione etichettandola come una profonda mancanza di empatia verso l’essere umano e una mancanza di rispetto per la vita.
In questa minoranza, il pericolo primario è avvertito appunto nella capacità dell’AI non solo di sostituire azioni manuali a cadenza meccanica, ma di interferire con attivita che sono sentite essenzialmente umane, come la letteratura, il disegno, il cinema, la fotografia, l’architettura, per poi impossessarsene definitivamente. Insomma, l’inserirsi della dipendenza dall’algoritmo anche nelle attività artistiche e creative si preannuncia uno scossone mai visto prima, non solo economico, ma soprattutto esistenziale.
Sorge naturalmente il quesito di come inciderà l’intellingenza artificiale anche sulle arti marziali e che ruolo esse avranno in futuro.
Questa è una domanda lecita che apre scenari estremamente interessanti ma di difficile intuizione se si rimane esclusivamente nell’ambito delle arti marziali stesse. Il quesito, infatti, per essere compreso a pieno ed avere una risposta il più possibile aderente alla realtà, richiede uno sforzo maggiore, uno studio più generalizzato ed approfondito delle dinamiche in gioco, che oltrepassi l’argomento specifico delle arti marziali per inserirsi all’interno di orizzonti decisamente più vasti e che, facendone esperienza, sia in grado di tornare a trattare la specificità dell’argomento con spalle più larghe ed un bagaglio adeguato alla sua totale comprensione.
Poniamoci, dunque, in questo contesto più ampio che abbiamo appena definito e cerchiamo, come prima cosa, di individuare la connessione fra l'evoluzione del modo di praticare le arti marziali contemporanee e il pensiero dominante di questo tempo.
Effettuato questo primo passo, rivolgeremo la nostra attenzione sulla ricerca dell’origine di questa ideologia che ad oggi sembra dominare incontrastata e che vede nell’AI e nella connessione uomo-macchina il più idilliaco dei futuri possibili, dargli un nome, ed infine individuare il suo influsso nelle varie attività umane attraverso i momenti storici. Solo alla luce di questo processo di comprensione possiamo iniziare a trarre un giudizio sicuro e fertile, adeguato ad affrontare le sfide che noi stessi e la nostra arte, come ogni cosa d’altronde, sarà chiamata a fronteggiare nel prossimo futuro.
Possiamo con certezza individuare nel materialismo l’origine di questa corrente ideologica e nel transumanesimo la sua metamorfosi odierna.
Questa metamorfosi ha richiesto milleni, ma noi prenderemo in considerazione l'argomento partendo da quello che può essere considerato un punto cruciale a livello sociale, un fatidico anno zero di quello che poi, evolvendosi negli anni, abbiamo potuto conoscere e sperimentare sulla nostra pelle durante il periodo del Covid, sotto forma di dogmatismo scientista, prodromo del transumanesimo.
Il punto d’inizio lo faremo coincidere, per semplificare il discorso, con il diffondersi del pensiero Marxista nel mondo.
Non potremo certo analizzare accuratamente ogni aspetto degli argomenti che tratteremo e non è d’altronde questa la sede adeguata per farlo. Lasceremo questo approfondimento alla buona volontà del lettore, cercheremo solo di individuare quel flusso ideale che oggi ha portato all’accettazione e addirittura all’esaltazione, da parte di alcuni, di testi quali ‘Sapiens: da Animali a Dei’ e ‘Homo Deus’ entrambi di Yuval Noah Harari o ‘La Quarta Rivoluzione Industriale’ di Klaus Scwahb, testi che descrivono bene il periodo storico attuale, estremamente controverso in quanto apparentemente inorgoglito e addirittura eccitato dal profilarsi all’orizzonte di quello che, senza troppe maschere, si dichiara come il più distopico degli scenari possibili per l’essere umano, sia nella sua concezione esistenziale individuale (Harari), che per il suo rapporto con il mondo attraverso la costruzione del tessuto sociale futuro (Scwahb).
Testi del genere neanche troppo tempo fa, sarebbero stati accolti come incubi, frutto di menti limitate affette da disturbi schizofrenici, oggi sono invece considerati a tutti gli effetti capisaldi del pensiero, entrando prepotentemente nelle nostre vite quotidiane come un flagello, destabilizzando ogni attività.
È chiaro che il nostro scopo non sarà lo studio dettagliato di questi processi, ma solo la conoscenza corretta del modo in cui queste idee influenzano praticamente la nostra vita e di conseguenza il modo di praticare la nostra arte marziale.
Vogliamo scoprire quanto di questo modo di pensare sia subentrato nello studio delle arti marziali, in che veste lo si può rintracciare e come lo si può arginare e/o trasformare.
Questo è il nostro scopo, in definitiva.
A tale fine è d’obbligo un piccolo excursus per il quale mi scuso in anticipo, data la velocità brutale con la quale sarò costretto ad affrontare temi così complessi, ma non posso fare altrimenti.
Abbiamo individuato nel materialismo l’origine delle principali problematiche odierne e nel diffondersi delle idee marxiste abbiamo segnato l’anno zero.
Ma in cosa consiste questo cambiamento?
Nella trasformazione delle potenzialità umane di vitalità e intelletto, che da proprietà inscindibili dell’individuo per la sua evoluzione diventano ora forza lavoro da sacrificare alla società. Marx immette così nel mondo il principio di concezione meccanicistica dell’esistenza: l’essere umano viene concepito non più come un essere a sé stante, in evoluzione, ma come un meccanismo del sistema in cui vive e produce.
Non più la società avanza, idealmente, grazie all’evoluzione individuale delle forze umane dei suoi singoli componenti, ma la società ora, vista come un essere separato dall’uomo, prende autonomia astratta e comincia a risucchiare da lui le forze necessarie alla sua sopravvivenza e alle sue pseudo mire di espansionismo.
L’Uomo smette di essere il fine, inizia ad essere il mezzo. Le sue forze fisiche ed intellettuali ora non appartengono più a lui, ma sono trasformate in carburante per alimentare il meccanismo sociale.
Questo cambio di paradigma viene accolto in tutte le dottrine sia umanistiche che scientifiche, nelle più svariate forme, ma trova massima forza di espansione nelle Scienze Naturali del tempo, mettendo una pietra tombale sulle discussioni scientifiche fino a quel momento predominanti, ovvero sulla possibile coesistenza di qualità e quantità nei riguardi dei fenomeni naturali, dove per Qualità veniva intesa la realtà intrinseca del fenomeno e per Quantità lo studio delle sue manifestazioni fisiche. Dopo l’instaurarsi del materialismo vediamo scomparire definitivamente la possibilità dello studio della qualità, con una concentrazione esclusiva sulle quantità misurabili del fenomeno.
(Vi ricorda qualcosa del modo in cui apprendiamo il Jiu Jitsu?)
Si hanno dunque le grandi rivoluzioni industriali, la società meccanicista prende piede indomabilmente e, con il tempo, non solo la qualità dei fenomeni viene accantonata, ma comincia a subentrare la convinzione che essa sia solo l’effetto della quantità misurabile del fenomeno.
La luce diviene così nient’altro che un insieme di fotoni, il suono esclusivamente una vibrazione, etc.
Ogni cosa ora è esclusivamente quello che si mostra ed è misurabile e la tecnica è l’unico strumento adatto ad indagarla: secondo scacco del materialismo nella storia moderna.
L’Uomo, ora padrone della tecnica, può controllare e dirigere i processi naturali a suo piacimento, o così almeno crede.
Stiamo arrivando ai giorni nostri in cui questo impulso materialista, nato come idea sociale e diventato strumento di indagine del mondo esteriore, si dirige verso la conquista dell’ultimo ostacolo misterioso: l’essere umano stesso. La medicina passa sempre più velocemente da Arte Medica a Scienza Medica, ogni malattia non prevede cause che non siano rintracciabili nel fisico, le cure iniziano ad affidarsi sempre più alla chimica sintetica con il crescente strapotere della case farmaceutiche che si autoproclamano conoscitori e controllori del mondo organico, pur lavorando esclusivamente nel campo dell’inorganico.
L’Uomo e il mondo sono macchine: possono e devono essere studiati e aggiustati come tali.
Ma qui non ci si ferma, il progresso deve andare oltre.
Bisogna iniziare ad insinuarsi all’interno delle dinamiche umane, capire il funzionamento più profondo di questa macchina ‘Uomo’ e, una volta capito, sfruttarlo come una ricchissima miniera pronta a mettere a disposizione i più grandi tesori, sempre rigorosamente in nome delle attività materiali.
La porta d’accesso per il terzo e ultimo scacco del materialismo nella storia è, senza dubbio, lo studio del Pensiero umano da parte delle neuroscienze, che, ad oggi, risulta essere una punto obbligato per tutti i piani di studio accademici, di qualsiasi natura, proprio per mettere in luce la loro importanza universale come chiave di volta imprescindibile per il mondo del futuro.
Il paradosso delle scienze naturali di scambiare l’effetto per la causa si sta riversando nello studio dei processi cerebrali. Il metodo di indagine rimane quindi immutato a differenza dell’oggetto dello studio che, questa volta, non è la natura con i suoi processi, ma la coscienza stessa. È in atto un tentativo di mettere una volta per tutte la parola fine alla possibilità per l’uomo di avere una Natura Spirituale.
In definitiva, il pensiero dovrà essere inteso come una produzione chimica del cervello in tutto e per tutto, questo è il dogma moderno su cui poggia tutta la visione transumana esposta nei libri che abbiamo prima citato, atti a preparare la prima azione pratica attraverso il rilascio e il perfezionamento del programma Neurolink di Elon Musk, altra faccia della stessa medaglia dell’impulso antiumano che stiamo prendendo in esame.
È nel pensiero che si gioca la partita, non certo nel silicio delle macchine o su chatGPT. Se infatti il pensiero, e dunque la coscienza umana, assumeranno il rango di semplici reazioni fisico-chimiche dell’organismo cerebrale, allora la materia stessa passerà ad essere regina incontratastra di ogni processo esistente e l’essere umano una semplice appendice intercambiabile. Non ci sarebbe più spazio per lo Spirito, esso diverrebbe una chimera, una vecchia leggenda dei tempi lontani. E senza neanche la possibilità dello Spirito, all’uomo-macchina non resterebbe nient’altro che il vuoto: depredato da ogni valore etico, morale e conoscitivo, verrebbe retrocesso a uomo-animale, perdendo, di fatto, la possibilità della Libertà.
Questa forzatura è la base dell’avanzamento dell’AI nelle nostre vite quotidiane e va compresa nella sua totalità per avere una capacità di giudizio degli avvenimenti adeguata ai tempi.
Fortunatamente, ad oggi, i dubbi anche da parte della comunità scientifica non sono pochi. Fra tutti, l’inventore, fisico e padre del microprocessore, Federico Faggin, mette più di chiunque altro in luce il cambio di passo a cui la scienza è chiamata per evitare disastri enormi nel prossimo futuro: "L'umanità è a un bivio: o torna a credere di avere una natura diversa rispetto alle macchine o sarà ridotta a macchina tra le macchine. Il rischio non è che l'intelligenza artificiale diventi migliore di noi, ma che noi decidiamo liberamente di sottometterci a lei e ai suoi padroni".
Questo bivio, secondo Faggin, è di fronte a tutta l’umanità, non solo agli scienziati. Tutte le attività umane sono al bivio in questi tempi e devono trovare la forza di comprendere la loro intima natura per differenziarsi dalle macchine, per non essere inglobate e schiavizzate da esse e da chi ne detiene il controllo.
Questa intima natura è lo Spirito.
Sulla base di questi pensieri, dirigiamo ora l’attenzione alla nostra pratica e chiediamoci:
“In che modo il materialismo influisce sulle Arti Marziali? Come si manifesta questo influsso?”
E infine:
“Come possiamo, anche noi, fare la nostra parte prendendo il sentiero giusto del bivio, ovvero riportando al centro della pratica marziale il contenuto spirituale?”
La ricerca della risposta a queste domande sarà il perno centrale dei prossimi articoli.
[to be continued...]
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